Stetoscopio, ricettario… e partita Iva!
Per molti medici liberi professionisti, la partita Iva è compagna fedele al pari di tanti altri lavoratori. Ma poiché ci sono tanti “inquadramenti”, cioè tanti modi per svolgere la propria attività, un giovane medico deve capire come orientarsi in questo mare magnum e comprendere, soprattutto, se può sfruttare il regime agevolato per antonomasia, ossia il regime forfettario.
In primis, escludiamo chi svolge l’attività medica come lavoratore dipendente: per lui, nessun problema.
Invece, distinguiamo fra chi svolge attività in intramoenia e extramoenia: nel primo caso, il medico è un libero professionista che pratica in una struttura ospedaliera, da solo o in equipe, i cui redditi possono essere assimilati a quelli del lavoro dipendente (si applicano le ritenute d’acconto e l’imponibile si applica al netto delle trattenute); nel secondo caso, il medico è a tutti gli effetti un lavoratore autonomo (art. 53 del DPR 917/86), quindi deve dotarsi di partita Iva e tenere le scritture contabili.
Gli specializzandi, solitamente, stringono delle convenzioni con gli ospedali. Discorso ancora diverso per le guardie mediche: in questo caso, spesso si tratta di lavoro autonomo occasionale, a patto che il medico non eserciti già l’attività da lavoratore autonomo: in questo caso, c’è l’obbligo di fattura.
I medici devono obbligatoriamente iscriversi all’ordine dei Medici (e meno male!) e alla cassa previdenziale dedicata, l’Endam (Ente Nazionale Previdenza Medici Odontoiatri), che gestisce sia il fondo generale che quello speciale (insomma, di lì non si scappa!).
“E il regime forfettario? Vale anche per noi?”
Se sei un medico e desideri (o sei obbligato) svolgere l’attività di libero professionista, puoi usufruire del regime forfettario, a patto di rientrare nei vincoli del regime agevolato.
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